A cavallo tra Rinascimento e Barocco, il madrigale – cui è dedicato questo volume curato da Paolo Fabbri – si è imposto come una delle forme più alte della musica profana, a partire dall’Italia e poi nel resto d’Europa.
E si tratta indubbiamente di una raccolta di grande valore, vuoi per la qualità degli interventi messi insieme, vuoi perchè curata da una figura di spicco della musicologia italiana e non solo.
Chi è Paolo Fabbri?
Non avrebbe bisogno di presentazioni, se non fosse che bisogna sempre pensare alle nuove generazioni e che qualcuno – appunto – potrebbe aver dimenticato il suo status di musicologo, docente ordinario all’Università di Ferrara per la cattedra di Storia della Musica Moderna e Contemporanea, nonché direttore della Fondazione Donizetti di Bergamo.
Un esperto di musica del XVI e del XVII secolo che in questo caso si è dedicato alla cura di un volume in cui raccoglie alcuni prestigiosi interventi sul tema del madrigale.
Il contenuto dell’opera
È innegabile che questo libro, Il Madrigale tra Cinquecento e Seicento, si può considerare come imprescindibile, sia per chi cerca un modo per introdursi all’ascolto di questo genere musicale che si originò in Italia in epoca rinascimentale e fin dentro il Barocco, sia per lo studioso esperto che desidera approfondire il tema attraverso la riflessione di alcune personalità con notevole esperienza di settore.
E basta dare uno sguardo all’indice per cogliere senza indugio il pregio di questa raccolta che nonostante sia datata 1985 nella sua prima edizione, non pare soffrire più di tanto la distanza quasi 40 anni:
- Ripercorrendo gli esordi del madrigale, di James Haar
- Pietro Bembo e le origini letterarie del madrigale italiano, di Dean T. Mace
- Tipologie metriche e formali del madrigale ai suoi esordi, di Don Harrán
- Circolazione letteraria e circolazione musicale del madrigale: il caso G. B. Strozzi, di Lorenzo Bianconi e Antonio Vassalli
- Giochi musicali del Cinquecento, di James Haar
- Gli esordi della «canzone villanesca alla napolitana», di Donna G. Cardamone
- La modalità di «Vestiva i colli», di Harold S. Powers
- Il cromatismo di Gesualdo, di Carl Dahlhaus
- «Pace non trovo»: una parodia letteraria e musicale, di James Haar
- La Franceschina, la Girometta e soci in un madrigale «a diversi linguaggi» di L. Marenzio e O. Vecchi, di Warren Kirkendale
- Questioni formali nei madrigali di Monteverdi, di Reinhold Hammerstein
11 articoli tradotti e introdotti da Paolo Fabbri, non tantissimi ma sufficienti a delineare un percorso compiuto in una delle esperienze musicali italiane più affascinanti di tutta la storia della musica.
Sì certo il madrigale non è storia esclusiva dell’Italia ma di certo è qui che nacque ed è qui che ha dato vita a opere d’arte di altissimo valore. Basterebbe ascoltare i madrigali di Luca Marenzio o di Monteverdi, e nemmeno tutti quelli della sua copiosa produzione, per avere un’idea di quanta bellezza musicale sia stata prodotta in quell’epoca.
Gli autori
11 articoli, dicevo, scritti da firme prestigiose della musicologia mondiale: James Haar, scomparso nel 2018, che ha dedicato una vita allo studio della musica rinascimentale, Carl Dahlhaus, Lorenzo Bianconi e Warren Kirkendale, quest’ultimo autore di opere riferimento per lo studio del madrigale, scomparso di recente, nel 2023.
Nomi enormi, insomma, giusto per chiarire la qualità dei contenuti. E giusto per citarne qualcuno, senza voler fare torto a nessuno degli altri.
Su tutti, si muove la mano di Paolo Fabbri, curatore dell’opera, maestro orchestratore dei testi.
Paolo Fabbri che, come accennato, si occupa di redigere un introduzione che chiamare così è piuttosto riduttivo, nel senso che si tratta di una trentina di pagine che razionalizzano il legame e il percorso di duecento anni di storia attraverso soltanto 11 interventi. Ed è qui la maestria del curatore e la bellezza di questo libro.
Ancora una volta, un volume che dovrebbe stare in ogni biblioteca musicale personale.
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