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Stage+: lo streaming per la musica classica
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Nell’ultimo mese ho detto addio alle mie abituali piattaforme di streaming musicale per concentrarmi sull’ultima arrivata: Stage +. L’articolo di oggi è il resoconto di questi trenta giorni di prova gratuita.
Devo ammettere che prima di lanciarmi nella prova gratuita, la domanda che mi è subito saltata in mente è stata: c’era proprio bisogno di una nuova piattaforma per lo streaming musicale?
Ma è proprio la volontà di dare una risposta al dubbio che mi ha convinto a lanciarmi in questo nuovo test.
Deutsche Grammophon e lo streaming musicale
C’è un altro aspetto, in verità, che mi ha convinto a investire il mio tempo: la Deutsche Grammophon.
Stage+ non è il traballante progetto di una startup, per quanto valido possa essere, ma è il frutto della precisa volontà della Deutsche Grammophon di togliersi di dosso un po’ della polvere accumulatasi dal 1898 fino a oggi.
Hai letto bene: 1898, ed è la data di fondazione di questa storia e prestigiosa etichetta discografica che si è imposta subito come punto di riferimento per la musica classica, quella di stampo accademico, orchestrale, chiamatela come vi pare, visto che nel frattempo è diventata contemporanea ma sempre ben distinta dalla musica di matrice pop, rock o jazz. Quanto odio le etichette!
Fatto sta, che Stage+ è il palese tentativo della Deutsche Grammophon di abbracciare i tecnologici tempi moderni, offrendo al pubblico non un nuovo modo di ascoltare la musica ma un nuovo catalogo da esplorare e da concedere alle nostre allenate orecchie.
Stage+: un’app non per tutti gli utenti
In merito al catalogo da poter ascoltare grazie a Stage+ direi che non c’è nulla da dire, benché tornerò sopra a breve.
Tuttavia, il primo punto da cui vorrei partire è proprio quello della modalità di fruizione che se da un lato non presenta grandi novità in termini di UI ed UX, dall’altro genera degli ostacoli notevoli vista la scelta di limitare lo sviluppo ai soli utenti Apple iOS, escludendo gli utenti Android non dalla fruizione in senso assoluto ma di certo da quella comoda.
Ok, la Deutsche Grammophon ha un catalogo grandioso ed avrà pensato di distinguersi sul mercato andando a colpire un target specifico e figo quale quello degli utenti iOS (design di alto livello, smartphone dalle grandi prestazioni, bla, bla, bla).
Ancora? Nel 2024.
Va bene, una scelta molto opinabile ma così è. In ogni caso, questo non mi ha scoraggiato dal sostenere gli esigui costi di un piano da 3 mesi a prezzo scontatissimo. Ora non ricordo se fossero 2 o 3 mesi a un solo euro per singolo mese. È così importante?
Stage+: navigazione, interfaccia e catalogo
Non essendo un privilegiato Apple, mi sono dovuto accontentare di utilizzare l’app tramite il browser di Chrome. Fortunatamente quest’ultimo è abbastanza intelligente e sono riuscito a utilizzare la web app in maniera abbastanza soddisfacente ma non nego che molte funzionalità erano piuttosto scomode al touch.
La modalità di navigazione non è molto dissimile da quella di altre piattaforme, quali Spotify, Qobuz (che io adoro), Deezer e via dicendo.
Nonostante ciò, la cosa che più mi è piaciuta è la classificazione in categorie multiple, ovvero la possibilità di poter navigare il catalogo attraverso diverse logiche di categorizzazione:
- Per compositore, ovviamente;
- Per ensembles;
- Per sede di concerto (Carnegie Hall, per esempio, oppure Covent Garden, etc.);
- Per artista (che può essere un compositore, un solista, un direttore d’orchestra);
- Per Direttore d’orchestra;
- Per epoche;
- Per genere;
- Per fonte (audio oppure video)
- Per serie (programmi speciali promossi direttamente da Deutsche Grammophon);
- Per novità;
- Per popolarità;
- Per festival.
Insomma, gli spunti di navigazione non mancano e sono veramente molto diversificati. Credo di non averli nemmeno elencati tutti.
Da utilizzatore vi posso assicurare che ognuna di queste categorie è stata un’ottima scelta per scoprire qualcosa di nuovo oppure per ritornare nella propria confort zone musicale.
Il catalogo di Stage+
Sul catalogo cosa dire? Ovviamente penso che ci sia tutto ciò che è stato pubblicato dalla Deutsche Grammophone, quindi stiamo parlando di un catalogo assolutamente grandioso e di altissimo livello, grazie al quale ripercorrere la storia della musica attraverso le l’ascolto delle opere immortali, nelle più pregiate esecuzioni, oppure avventurarsi alla scoperta delle novità più interessanti.
Insomma: Mozart, Beethoven e Bach che convivono con Max Ritcher, Joep Beving o Roger Eno, tanto per citarne qualcuno.
Non solo audio: il catalogo video di Stage+
Un ultimo aspetto voglio sottolineare e riguarda, come si evince dal titolo, la sezione video che affianca quella prettamente dedicata all’ascolto.
Si tratta di una sezione altrettanto ricca che raggruppa non solo le esecuzioni dal vivo in ripresa video, ma anche una ricca raccolta di documentari, interviste a compositori e direttori di orchestra, e piccoli shorts su tematiche varie quali micro esecuzioni e stralci di intervista.
C’è poi la sezione Live, che può essere sia audio che video, con appuntamenti in diretta per esecuzioni rivolte al pubblico sia offline che online.
Quanto costa Stage+ della Deutsche Grammophon?
Beh, certamente non si può concludere senza spendere qualche riga sul prezzo della sottoscrizione a Stage+. Diciamo che il costo è allineato a quello delle altre piattaforme, da Spotify a Qobuz, ma va sempre tenuto conto che si tratta di un servizio basato su un catalogo molto specifico e di alto livello. Deto ciò, il prezzo di 14,90 euro al mese non mi pare esagerato.
Certo, la somma di tutte le piattaforme si trasforma subito in una rata di una piccola finanziaria, e questo non è da poco. Diciamo che la moltiplicazione dei servizi di streaming musicale sta rendendo sempre più utile la rotazione dall’una all’altra, una rotazione che necessariamente deve fare capolino anche su Stage+ che in ultima analisi si presenta come una piattaforma di indubbio valore. In attesa che rendano disponibile anche l’app per iOS.
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