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Lejaren Hiller
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Lejaren Arthur Hiller Jr. (New York, 1924 – Buffalo, 1994), il cui nome si pronuncia Luh-jare-en, è stato un compositore per certi aspetti anomalo; la sua formazione avviene innanzitutto come chimico e soltanto in un secondo momento si impone definitivamente, ed esclusivamente, come musicista.
Da questo punto di vista ricorda altre figure particolari quali il russo Alexander Borodin, medico e chimico anch’esso, e Iannis Xenakis, architetto ma anche una delle figure più significative della musica contemporanea. Oggi viene ricordato principalmente per la sua produzione musicale sperimentale, essendo annoverato tra i pionieri della computer music.
Gli studi musicali adolescenziali – La sensibilità artistica del padre, Lejaren Hiller Senior, il quale è stato un protagonista della fotografia d’arte, probabilmente giocò a favore della formazione musicale del giovane Hiller. All’età di 14 anni, a New York, Hiller si avvia allo studio privato della musica: armonia con Harvey Officier e pianoforte con Harvey Brown, nipote di Officier. In seguito Hiller affiancherà agli studi musicali adolescenziali una passione verso la chimica, e questo dualismo sarà una costante per diversi anni della sua vita.
Princeton – In un’intervista degli anni Ottanta, Hiller ha dichiarato che nel 1941 decise di proseguire i suoi studi a Princeton dopo aver visionato una brochure che illustrava l’offerta formativa della locale università; evidenziando come la sua non fosse una scelta razionale e motivata ma assolutamente casuale.[1] Mi viene da dire che questa fu la prima volta in cui la casualità giocò un ruolo fondamentale nella vita di Hiller. Poi capiremo perché, di sicuro c’è che la scelta di Princeton si sarebbe rivelata di fondamentale importanza per i successivi sviluppi musicali.
Roger Sessions e Milton Babbitt – Il motivo per cui Princeton fu così importante per la carriera musicale di Hiller era nel fatto che nell’offerta musicale dell’Università figuravano personalità quali Roger Sessions e uno dei suoi allievi più noti, Milton Babbitt. Da questo momento ha inizio per Hiller una lunga fase della vita costantemente divisa tra la carriera musicale e la professione di chimico. Insieme a Roger Sessions, durante il triennio 1942/1945, Hiller studiò composizione, analisi e ascolto, mentre già da 1941 aveva intrapreso lo studio dell’oboe insieme a Joseph Marx, poi del clarinetto e del sassofono. Dal 1941 al 1942, invece, Milton Babbit fu il suo insegnante di Contrappunto e Composizione.
L’addio di Roger Sessions – La formazione musicale di Hiller stava procedendo per il meglio fino a quando non intervenne un fatto a mettere in crisi il suo percorso. Nel 1945, Sessions progetta di spostarsi a Berkeley, presso l’Università della California. Hiller fu colto impreparato e si mostrò disorientato di fronte all’idea di dover continuare gli studi musicali con un nuovo docente. In verità fu proprio Sessions a sottolineare quanto fosse importante per una buona formazione il confronto con personalità anche molto differenti tra di loro. Roger Sessions riteneva anche che Hiller avesse delle qualità musicali, motivo per cui non avrebbe dovuto abbandonare gli studi; il docente si offrì di presentarlo perfino a Darius Milhaud oppure a Ernst Křenek, e fece anche il nome di Arnold Schoenberg.[13]
Lejaren Hiller, chimico – Le proposte di Sessions restarono soltanto delle ipotesi. Probabilmente la partenza del suo docente di Composizione fu vissuta da Hiller in maniera più traumatica del previsto. Da quel momento il compositore americano decise di concentrarsi maggiormente sullo studio della chimica, come se non avesse più fiducia in un futuro professionale nel campo della musica. Gli anni immediatamente successivi al 1945 testimoniano che Lejaren Hiller si dedicò con grande impegno alla carriera universitaria tanto da conseguire nel giro di pochi anni la Laurea (1944), il Master (1946) e infine il Dottorato (1947) in Chimica. Nello stesso anno del Dottorato, inoltre, Hiller fu assunto dalla E. I. Du Pont de Nemours and Company di Waynesboro, nello stato della Virgina, dove fino al 1952 Hiller condusse ricerche sulla chimica della cellulosa pubblicando numerosi resoconti scientifici.
Le prime opere musicali – Questa dedizione allo studio della chimica, non lo distolse da quella che presto si sarebbe rivelata la sua vera passione: la musica. Tra il 1946 e il 1947 Hiller compose alcuni lavori ai quali lui stesso anche in seguito riconobbe un valore estetico: due Sonate per pianoforte e un Trio per Violino, Violoncello e Piano (1947). Negli anni trascorsi presso la Du Pont, invece, scrisse Seven Artifacts per pianoforte (1948), Jesse James per quartetto vocale e pianoforte verticale (1950, uno dei rari lavori per voce) e i suoi primi due quartetti per archi (1949 e 1951). Si tratta certamente di opere che si nutrono di una scrittura tradizionale, come del resto tradizionale fu anche la sua formazione anche se al fianco di una delle figure più influenti nel panorama della nuova musica quale fu Milton Babbitt (credo posso essere un dato utile sottolineare che quando Babbitt fu docente di Hiller aveva poco più di 25 anni!), tuttavia sono lavori che già si indirizzano verso quella scrittura più sperimentale e innovativa che sarà la cifra stilistica degli anni a venire.
Illinois – Nel 1952, all’età di 28 anni, Hiller lascia il suo posto di lavoro alla Du Pont e si sposta all’Università dell’Illinois, nell’Urbana, come ricercatore. Anche se questo trasferimento fu motivato da questioni inerenti la chimica, Hiller portò con sé i suggerimenti dei suo ex docenti che lo invitavano a non abbandonare gli studi musicali, tanto che tra il 1953 e il 1955 proseguì la formazione con Hubert Kessler che fu a sua volta studente di Heinrich Schenker. Tuttavia, l’elemento più rilevante di questo passaggio all’Università dell’Illinois non fu di carattere musicale, piuttosto fu la sua laurea in chimica e gli obbiettivi della ricerca che lo misero nella condizione di dover utilizzare il computer ILLIAC I (acronimo di ILLinois Automatic Computer, altrove viene segnalato anche come acronimo di ILLInois Advanced Computer [13]), che avrebbe contribuito alla svolta della sua carriera.
Illiac Suite – Da quello che lo stesso Hiller racconta nel suo libro Experimental Music, durante l’utilizzo del computer ILLIAC, si rese conto che tra la metodologia adottata nella ricerca e i processi di composizione musicale era possibile stabilire delle forti analogie e che le procedure aleatorie adottate con il computer ILLIAC potevano essere applicate anche per scopi creativi e musicali. Fu a quel punto che, in collaborazione con il ricercatore Leonard Isaacson, Hiller ideò e realizzò il progetto che lo avrebbe portato, nel 1956, alla creazione del Quartetto per archi Illiac Suite, il definitivo punto di svolta della sua carriera musicale oltre che la prima opera musicale realizzata attraverso l’uso di un computer. É curioso notare che Hiller per lungo tempo si sia lamentato di non aver avuto la possibilità di ascoltare nell’immediato un’esecuzione e che dovette attendere una sorpresa organizzatagli da un altro pioniere della computer music quale fu Max Mathews, a cui Hiller fu legato da amicizia.[6] Ciononostante non vi è dubbio che questo fu il lavoro musicale che gli diede la fama necessaria a convincerlo di intraprendere la carriera musicale in maniera definitiva.
Experimental Music Studio – La Illiac Suite produsse rapidamente conseguenze importanti: nel 1958 Hiller conseguì la Laurea in Musica – riteneva importantissimo potersi presentare con un curriculum adeguato – e fu invitato a presiedere la nascita di uno studio di musica elettronica all’interno della School of Music dell’Università dell’Illinois. In questo modo nasceva l’Experimental Music Studio.[3] La fondazione di questo consentiva da un lato uno spazio di lavoro dedicato all’applicazione delle nuove tecnologie in ambito musicale, dall’altro permetteva di dare al progetto di musica elettronica dell’Illinois una veste sistematica, abbandonando l’immagine di attività sperimentale che aveva caratterizzato gli anni precedenti. Per dare maggiore risonanza al nuovo progetto musicale, anticipato all’epoca solo dallo studio di musica elettronica della Columbia University,[3] fu curata l’offerta didattica ma fu anche incentivata la presenza di giovani compositori e, quindi, la produzione di opere originali. Vale la pena almeno citare un giovane James Tenney, il quale arrivò nell’Urbana nel 1959 proprio dopo aver saputo dell’apertura di uno studio per la musica elettronica,[9] e ricordiamo anche Herbert Brün, Salvatore Martirano e molti altri.
Le produzioni dell’EMS – Con la presenza di numerosi giovani compositori, l’Experimental Music Studio nei primi anni di attività vide la nascita di numerosi lavori musicali: James Tenney firmò Organized Sound for Medea (1960), 15 minuti di musiche per la tragedia di Euripide riadatta da Robinson Jeffers per una produzione voluta dall’Università, e il famoso Collage No. 1 (1961).[9] Poi ricordiamo anche i Three Electronic Studies (1959) di Shallenberg e Hoffman, Leikar No. 3 (1961) del compositore irlandese Thorkell Sigurdbjorrnson e infine David Ward-Steinman con il suo Piano Collage (1961).[3] A questi si aggiungono i lavori di Lejaren Hiller, autore di The Flying Lesson (1958) di cui parleremo dopo, Incidental Music for Blue is the Antecedent of It (1959), musiche per il dramma in un atto di Jack Leckel, poi Incidental Music for Cuthbert Bound (1960), musiche per il dramma in un atto di Christopher Newton; e ancora le musiche per il film prodotto dalla PRP di New York: Nightmare Music for Time of the Heathen (1961), e infine il più noto Seven Electronic Studies (1962).
Experimental Music – A questo punto vorrei fare una considerazione; sottolineare quella che trovo una curiosità. Leggendo e studiando questo compositore mi ha colpito il fatto che lui e il suo collaboratore Isaacson, abbiamo avvertito la necessità, tre anni dopo aver completato la Illiac Suite, di pubblicare un libro che documentasse i risultati del loro esperimento. Mi ha colpito come Hiller, nell’immediato, non abbia tradito la sua vocazione scientifica, trattando la Illiac Suite al pari di qualsiasi altro esperimento di chimica, o di natura scientifica in generale, piuttosto per quello che era: un’opera musicale. La scoperta della Illiac Suite fu così presentata ufficialmente al mondo accademico che poté apprezzare il risultato di una sperimentazione irripetibile, perché basata su scelte di tipo casuale, oltre che difficilmente eseguibile perché caratterizzata da una scrittura particolarmente complessa. Va detto che questo aspetto dell’influenza della formazione scientifica sull’approccio musicale di Hiller, altrove è stato sottolineato anche in merito alle collaborazioni intessute dal compositore americano.[13] È probabile che l’esperienza di laboratorio lo abbia ben disposto nei confronti di un approccio condiviso alla composizione musicale, una caratteristica che è quasi una costante nella carriera musicale di Hiller. Per chi volesse approfondire la lettura del libro lo può scaricare su musicainformatica a questa pagina.
Lejaren Hiller, compositore – Al di là di questi aspetti, è certo che la pubblicazione di Experimental Music segna per Lejaren Hiller l’inizio di un progressivo abbandono della professione di chimico (l’ultimo articolo scientifico Hiller è datato 1962) con un conseguente consolidamento della sua carriera musicale. Da questo punto di vista l’esperienza iniziata con la fondazione dell’Experimental Studio lo porta ad una definitiva adesione al mezzo elettronico, di natura analogica ma soprattutto digitale come il computer. Questa definitiva conversione verso l’arte dei suoni la si può apprezzare non solo sul piani compositivo, come vedremo in seguito, ma anche nell’impegno profuso da Hiller per la divulgazione dei risultati raggiunti attraverso i propri esperimenti di computer music. Da questo punto di vista vale la pena ricordare che Hiller intrattenne rapporti con lo stimolante ambiente creatosi a Gravesano, in Svizzera, presso la villa di Hermann Scherchen il quale nel 1954 vi fondò uno studio di musica elettronica e vi organizzò, fino al 1966, una serie di incontri sulla nuova musica a cui parteciparono alcuni dei maggiori compositori contemporanei quali Pierre Boulez, Hans Werner Henze, Luigi Nono, Pierre Schaeffer, Iannis Xenakis e molti altri. A partire dagli anni Sessanta anche alcuni protagonisti della rivoluzione tecnologica che si andava compiendo negli Stati Uniti iniziarono a movimentare gli incontri di Gravesano: troviamo così Max Mathews, James Tenney e, nel 1965, Lejaren Hiller, il quale partecipò con un intervento intitolato Musikalische Anwendungen von Elektronischen Digitalrechnern (Applicazioni musicali di calcolatori elettronici digitali).
The Flying Lesson – Lo strumento informatico, ad esempio, è al centro di un nuovo lavoro teatrale: The Flying Lesson, un piccolo brano tratto dalle musiche realizzate per l’opera teatrale The Birds (Gli Uccelli), la commedia di Aristofane. Il brano prevede un esecutore al pianoforte che esegue delle frasi scritte nella tonalità di Sol Maggiore a cui rispondono altri otto strumenti con delle frasi caratterizzate dalla stessa scrittura ritmica ma altezze ottenute attraverso procedure casuali elaborate con il computer ILLIAC I.[11] A questo lavoro se ne affiancano altri due, sempre teatrali e sempre incentrati sull’uso dell’elettronica, benché analogica: il già citato Blue Is the Antecedent of It (1959), un teatro elettronico di fantasia, e Cuthbert Bound (1960), una musica da camera per quattro attori e nastro magnetico.
Computer Cantata – Lontano dal teatro, invece, Hiller scrisse Seven Electronic Studies per nastro magnetico a due tracce (1963) e Computer Cantata per soprano dal vivo, ensemble da camera e nastro magnetico (1963). Quest’ultimo, come suggerisce il titolo, riporta Hiller all’uso del mezzo informatico; anzi, per essere precisi questo lavoro, realizzato all’EMS, si sviluppa alla fine di un percorso didattico strutturato intorno al Musicomp, un software per la simulazione di procedure musicali compositive, sviluppato insieme a Robert Baker. L’idea iniziale era quella di realizzare una nuova Illiac Suite, di cui si sarebbe dovuto conservare perfino il nome, ma nel corso dei mesi di lavoro il computer ILLIAC fu dismesso, a favore di un IBM-7090 e per questo si optò per il titolo di Computer Cantata.[4] Sul piano della strumentazione va detto che non fu utilizzato solo l’IBM ma anche il CSX-1, con cui all’EMS si realizzarono i primi esperimenti sulla sintesi del suono.
Sul piano musicale, Computer Cantata è articolato in cinque movimenti, e ciascun movimento si caratterizza per avere almeno una strofa e un prologo (I e II movimento) o un epilogo (IV e V), ad eccezione del III movimento che è costituito da un prologo, una strofa e un epilogo. Il totale delle sezioni è undici, ciascuna delle quali è utilizzata per indagare aspetti particolari della composizione musicale come la scrittura ritmica, l’uso di procedure stocastiche, l’uso di suoni sintetizzati, ecc. Trattandosi di una cantata, il brano di Hiller prevede anche un testo, ottenuto attraverso particolari procedure. Innanzitutto va detto che non si tratta di un vero e proprio testo, semmai di una selezione randomica di fonemi della lingua inglese individuati e prelevati da una serie di testi presenti nella rivista Plays ed analizzati attraverso un computer. Dopo la procedura di selezione e analisi questi fonemi sono stati riassemblati restituendo una sorta di testo non testo in un inglese non inglese.
HPSCHD – Studiando la storia musicale di Lejaren Hiller non vi è dubbio che il suo interesse verso la tecnologia informatica è paragonabile soltanto con quello provato nei confronti del teatro, dello spettacolo in genere. Nel corso della sua carriera, questi interessi hanno contribuito alla nascita di numerose opere, tra le quali spicca senza dubbio HPSCHD, una grandiosa opera multimediale realizzata nel 1969 da Hiller in collaborazione con John Cage. Ho intenzione di scrivere una voce dedicata a quest’opera e per il momento mi limito ad evidenziare che lo stesso Hiller ha ricordato più volte come nel 1968 fu contattato da John Cage, il quale gli propose, dopo aver saputo dei lavori di musica informatica realizzati nell’Illinois, di aiutarlo nella realizzazione di un grande progetto di tecnologia e musica che prevedeva anche l’uso del computer. Hiller accettò di collaborare con Cage, il quale alla fine propose che i crediti per l’opera fossero riconosciuti ad entrambi. HPSCHD, da pronunciare harpsichord, è un’opera che fu commissionata dalla clavicembalista svizzera Antoinette Vischer; si tratta di un lavoro per clavicembalo e suoni generati al computer e, in quanto progetto multimediale, mette insieme anche video proiezioni e immagini proiettate dal vivo, in uno spettacolo sensoriale di oltre 5 ore. La programmazione della parte informatica, da cui si ottennero i suoni registrati su nastro magnetico, fu completata nell’estate del 1968, la prima presentazione vi fu l’anno successivo. Nel Settembre del 1968, intanto, Lejaren Hiller decise di lasciare l’Università dell’Illinois per spostarsi alla Buffalo University, nella provincia di Urbana.
An Avalanche – Il 1968 si configura come un anno particolarmente intenso per quanto riguarda il numero di composizioni in cui Hiller adotta il mezzo informatico. Oltre HPSCHD, Hiller si concentra su un altro lavoro di tipo teatrale, An Avalanche, un teatro satirico che indaga la situazione dell’arte negli Stati Uniti sul finire degli anni Sessanta. La parte testuale, originale, fu realizzata da Frank Parman, un commediografo amico di Hiller, il quale adoperò il computer per la generazione di sequenze musicali successivamente stampate su un rullo per pianoforte automatico, ottenuto interfacciando la macchina ad un plotter Calcomp.[6]
Algorithms I – Del 1968 si ricordano ancora due lavori: Computer Music per nastro magnetico e percussioni e Algorithms I (poi revisionato nel 1974). Il primo è un lavoro realizzato in collaborazione con il compositore americano G. Allan O’Connor, noto maggiormente per la sua attività didattica; il secondo, invece, ha titolo completo che è Algorithms I (Versions I to IV) per 9 strumentisti e nastro magnetico, e si presenta come un’opera particolarmente interessante, per via non solo delle sue caratteristiche intrinseche ma anche perché questa composizione inaugura un ciclo a cui Hiller lavorerà per diversi anni prima di chiuderlo in un definitivo trittico. Alla base di questo progetto vi era l’idea di sperimentare l’incidenza di taluni fattori sul risultato musicale finale. Detto in altri termini, preso per buono un certo lavoro musicale, Hiller voleva indagare, attraverso l’uso del computer, quali e quanti fattori era necessario modificare all’interno di un’opera musicale affinché si potesse ascoltare un risultato diverso da quello originale di partenza.[10] Questo spiega anche il motivo per cui ogni composizione dell’intero ciclo si presenta in almeno quattro versioni differenti, come già si evince dalla lettura del titolo. Da un punto di vista strutturale Algorithms I è articolato in tre sezioni:
I. The Decay of Information
II. IcosaHedron
III. The Incorporations of Constraints
Il primo movimento ripropone, in forma contratta, la struttura di Computer Cantata; il secondo è un esempio di scrittura seriale, il primo realizzato da Hiller attraverso il computer, mentre il terzo movimento è un classico rondò.
Buffalo – Oltre ad essere un anno intenso sul piano compositivo, come abbiamo detto in precedenza, il 1968 è anche l’anno del trasferimento di Hiller alla Buffalo University, che appartiene al circuito universitario statale di New York, comunemente definita dall’acronimo SUNYAB (State University of New York At Buffalo). Qui Hiller occuperà la cattedra di Composizione e, inoltre, entrerà in contatto con Lukas Foss, insieme al quale dirigerà il Center of Creative and Performing Arts. Quest’incarico Hiller lo mantiene fino al 1974 quando la sua eredità viene raccolta da Morton Feldman, in quanto Hiller decide di concentrarsi su un progetto più vicino alle proprie esigenze: la fondazione dell’Experimental Studio della Buffalo, che divenne rapidamente un punto di riferimento per la computer music e, in generale, per l’uso delle tecnologie applicate alla musica.
L’idea era di realizzare uno studio che potesse dirsi all’avanguardia, che potesse presentarsi come un modello del genere. Anche per questo motivo Hiller chiese la collaborazione di Robert Moog, che già aveva contributio alla realizazione di apparecchiature adoperate nell’EMS dell’Illinois. Insieme realizzarono nuove apparecchiature analogiche installarono un mixer di alta qualità.[12]
Algorithms II – Dopo l’intensa attività compositiva del 1968, Hiller diminuisce di molto il ritmo creativo tanto che nei tre anni successivi realizza soltanto 3 nuovi lavori. Bisogna spostarsi al 1972 per ritrovare nel catalogo delle opere di Hiller una composizione che utilizzi nuovamente il computer. In quell’anno, infatti, Hiller porta a termine il secondo lavoro del ciclo iniziato nel 1968: Algorithms II (Versions I to IV) per 9 strumenti e nastro magnetico. Per questa seconda parte del ciclo Algorithms, Hiller sperimenta l’applicazione di un nuovo metodo chiamato change ringing.[7] Con questa espressione, comunemente, si fa riferimento ad una tecnica adottata già dal XVII secolo nelle chiese inglesi per suonare le campane ottenendo ogni volta delle melodie diverse e non standardizzate. Hiller riteneva che applicando questa tecnica ad un gruppo di 12 elementi (12 altezze oppure 12 strutture ritmiche, 12 frequenze, etc.) era possibile evidenziare il collegamento che il change ringing aveva con le tecniche compositive dodecafoniche.[7] Un simile metodo, chiaramente, bene si prestava all’uso del computer, anche in virtù della tipologia di esperimenti che Hiller aveva già condotto negli anni precedenti, rinnovando così un approccio compositivo inaugurato venti anni prima con la Illiac Suite.
L’applicazione informatica di questo metodo fu possibile attraverso lo sviluppo di un apposito software chiamato Phrase, attraverso cui Hiller ottenne quattro versioni di Algorithms II, differenti per il contenuto melodico ma anche per la complessità della scrittura, dal momento che la tecnica del change ringing fu applicata ad un numero crescente di elementi, fatta esclusione per la Versione 1, l’unica che potremmo definire libera. Nella Versione 2, invece, la metodologia viene applicata per il controllo delle altezze, nella Versione 3 per il controllo delle altezze e del ritmo, nella Versione 4, infine, per il controllo delle intonazioni di 4 voci delle 5 che costituiscono l’intero intreccio polifonico. A differenza di Algorithms I, questo nuovo lavoro è strutturato in un unico movimento chiamato Campanology, con un chiaro riferimento latino al nome della tecnica compositiva.
Midnight Carnival/Electronic Sonata – Nel 1975 Hiller porta a termine un nuovo lavoro di musica informatica: A Preview of Coming Attractions for Orchestra, realizzato con il software Phrase. Tuttavia sono i lavori dell’anno successivo a destare maggiore attenzione. Nel 1976, infatti, Hiller torna a lavorare su un grande progetto di teatralità multimediale, stimolato dall’aver ricevuto una commissione per la realizzazione di un’opera che celebrasse il bicentenario dell’Indipendenza americana. Nasce così l’idea di Midnight Carnival, per la quale Hiller partì dall’esperienza di HPSCHD per dare vita ad un complesso progetto di musica urbana, visto che questo lavoro era stato pensato per essere eseguito dal vivo nel centro città di St. Louis. L’opera, il cui titolo completo è Midnight Carnival for an Urban Environment, doveva durare circa 4 ore e coinvolgere 43 nastri magnetici. Tutta la città fu equipaggiata con numerosi altoparlanti che avrebbero consentito la diffusione sonora per gli oltre trentamila partecipanti. Da questo lavoro Hiller volle ricavare anche una versione più agevole, da potersi eseguire anche al chiuso. Il risultato di questa riduzione prese il nome di Electronic Sonata (1976). Il brano dura circa 53 minuti e prevede l’utilizzo sia di suoni sintetizzati al computer che di tipo concreto, anche modificati attraverso il computer.
Il viaggio in Europa e nell’America Latina – Quelli del trasferimento alla Buffalo sono anche anni di nuovi viaggi in Europa. Già a ridosso degli anni Sessanta Hiller aveva viaggiato nel vecchio continente con lo scopo di divulgare le notizie sugli esperimenti musicali condotti negli Stati Uniti. Tra il 1973 e il 1974 Hiller si concede un anno sabbatico che lo porterà in Europa, prima in Polonia e poi a Malta. In Polonia vi si recherà in veste di organizzatore di corsi sulla musica sperimentale e le tendenze della musica americana all’Experimental Studio della Radio Polacca. Su commissione della Radio, inoltre, realizza A Portfolio for Diverse Performers and Tape (1975). A Varsavia vi tornerà anche nel 1978 quando si appassionò ad uno strumento della tradizione polacca, il Diabelskie Skrzypce, una sorta di chitarra tradizionale a cui Hiller dedicherà l’opera intitolata proprio Diabelskie Skrzypce (1978) per strumento a corda e clavicembalo. Questo strumento lo accompagnerà anche nel suo viaggio a Malta, ultima tappa europea prima di partire nel 1980 per Salvador da Bahia in Brasile.
Algorithms III – Gli ultimi anni Settanta e i primi anni Ottanta sono occasione per altri due lavori di musica informatica. Nel 1977 completa Persiflage per flauto, oboe e percussioni, per la cui realizzazione si affida nuovamente all’uso del software Phrase che è al centro anche della composizione di un altro lavoro: Algorithms III (1981) con cui Hiller completa il ciclo dedicato alla composizione algoritmica che aveva iniziato nel 1968. Sul piano strutturale questo lavoro si presenta speculare al primo, essendo articolato in tre movimenti:
I. Refinements
II. Quotations and Phraseology
III. Synthesis
speculare è anche la durata, visto che il primo movimento di Algorithms III ha una durata identica al terzo movimento di Algorithms I, e così gli altri due. Anche in questo caso Hiller ha utilizzato il software Phrase.
Il Giappone – Gli anni Ottanta vedono scemare l’attività compositiva di Hiller, non solo quella legata all’uso del mezzo informatico ma in generale. Ciò che colpisce maggiormente, in particolare per la produzione elettronica, è che questo venir meno dell’attività compositiva avviene proprio in coincidenza del decennio che vede l’affermazione dei primi popolari personal computer, cosa che contribuì a portare la musica informatica al di fuori dei centri di ricerca o di laboratori dedicati. Anche se viene meno l’attività compositiva, Hiller continua a lavorare musicalmente intorno allo strumento informatico tanto che quando nel 1984 la United States Information Agency, in occasione dell’Esposizione Internazionale del 1985 di Tsukuba, in Giappone, decise di organizzare una dimostrazione di come la tecnologia informatica si potesse adottare anche per prendere decisioni all’interno di processi creativi quali quelli realizzati nei contesti musicali, fu quasi un’ovvietà coinvolgere il pioniere di questo particolare ambito. Hiller, allora, fu chiamato in veste di docente della State University di New York ma anche in veste di compositore insieme a Charles Ames. Per l’occasione Hiller realizzò Circus Piece (1985), un brano che aveva lo scopo di dimostrare la capacità di assemblare temi musicali attraverso il computer. Questo lavoro era strutturato attraverso dodici temi, categorizzati in base alla difficoltà e al grado di consonanza, attraverso cui si innescavano procedure tipiche del linguaggio di Hiller: cioè un progressivo movimento da una situazione caotica verso una struttura ordinata. A quattro mani, di Hiller e Ames, è il lavoro Mix or Match (1985), un brano dimostrativo con cui mostrare la capacità del computer di generare un numero elevato di melodie jazz grazie a delle indicazioni procedurali fornite in fase di programmazione. Sostanzialmente si trattava di lavori che riproponevano la metodologia adottata 30 anni prima con la Illiac Suite.[8] Questi pezzi sono stati raccolti in una pubblicazione della wergo recensita qui su musicainformatica.
Gli ultimi anni – Se il calo dell’attività compositiva di Hiller, nella prima metà degli anni Ottanta, fu dovuto probabilmente all’insorgere di altri impegni; le cose andarono diversamente nella seconda metà del decennio, quando Hiller, nel 1987, fu colpito da encefalite che lo rese gradualmente inabile a svolgere qualsiasi lavoro di tipo musicale: nel 1989 abbandonerà definitivamente la carriera di compositore, l’anno successivo lascia anche il suo incarico di docenza presso la State University di Buffalo, città dove Hiller morirà nel 1994.
Per scrivere questa voce ho letto:
[1] Gagne, Cole; Caras, Tracy. 1982. Soundpieces: Interviews With American Composers, Scarecrow.
[2] Hiller, Lejaren; Issacson Leonard. 1959. Experimental Music: Composition with an Electronic Computer, McGraw-Hill.
[3] Hiller, Lejaren, 1963. Electronic Music at the University of Illinois, Journal of Music Tehory, Vol. 7 [1], pp. 99 – 126.
[4] Hiller, Lejaren; Baker, Robert. 1964. Computer Cantata: A Study in Compositional Method, Perspectives of New Music, Vol. 3 [1], pp. 62-90.
[5] Hiller, Lejaren, 1969. Some Compositional Techniques Involving The Use of Computers in Music by Computers, a cura di Heinz Von Foerster, John Wiley & Sons Editore, New York, pp. 71 – 83.
[6] Hiller, Lejaren. 1970. Music Composed with Computers in The Computer and Music, a cura di Harry B. Lincoln, Cornell University Press, pp. 42 – 96.
[7] Hiller, Lejaren; Kumra, Raveesh. 1979. Composing Algorithms II by Means of Change-Ringing, Journal Of New Music Research, Vol. 8 [3], pp. 129 – 168.
[8] Hiller, Lejaren; Ames, Charles; Franki, Robert. 1985. Automated Composition: An Installation at the 1985 International Exposition in Tsukuba, Japan, Perspectives of New Music, Vol. 23 [2], pp. 196 – 215.
[9] Hiller, Lejaren. 1987. Jim Tenney at Illinois: a Reminiscence, Perspectives of New Music, Vol. 25 [1/2], pp. 514 – 516.
[10] Hiller, Lejaren. 1989. Composing with Computers: A Progress Report in The Music Machine: Selected Readings from Computer Music Journal, a cura di Curtis Roads, pp. 75 – 89.
[11] Husarik, Stephen. 1983. John Cage and Lejaren Hiller: HPSCHD, 1969. American Music, Vol.1 [2], pp. 1 – 21.
[12] Packer, Renee Levine. 2010. This Life of Sounds, Oxford University Press.
[13] Wamser, Christian A.; Wamser, Carl C. 1996. Lejaren A. Hiller, Jr.: a Memorial to a Chemist-Composer, Journal of Chemical Education, Vol. 73 [7], pp. 601 – 607.
Commenti
5 risposte a “Lejaren Hiller”
bravo!
Più che bravo: un mito! 😀
bravo al tuo articolo che copierò 🙂
Grazie! Mi fa molto piacere! Veramente, grazie! 🙂
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