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AA. VV. – Dinosaur Music
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Titolo: AA. VV. – Dinosaur Music
Autori: Vari
Anno: 1988
Etichetta: Wergo
Tracce: 5
Durata: 0:53:15
Dinosaur Music raccoglie alcuni lavori di computer music realizzati al CCRMA dell’Università di Stanford tra il 1982 e il 1986. La particolarità di questa raccolta è nel fatto che tutti i brani sono stati realizzati con il sintetizzatore digitale Samson Box.
Il primo brano di questo CD è In a Word (1983) di Chris Chafe, realizzato ed eseguito per la prima volta all’Università di Stanford. Svizzero di nascita, Chris Chafe è un compositore e violoncellista che negli anni Ottanta ha iniziato ad interessarsi all’uso delle tecnologie digitali sia nella prospettiva della composizione che per l’esecuzione. In un certo senso il brano presente in raccolta rispecchia bene questo duplice interesse dell’artista, dal momento che si tratta di un lavoro per violoncello e suoni sintetizzati al computer dove quest’ultimo è utilizzato in funzione di accompagnamento alle parti eseguite al violoncello dallo stesso Chris Chafe. Per la parte digitale l’autore si è affidato al sintetizzatore Samson Box, attraverso cui ha eseguito in tempo reale la partitura realizzata con Pla. Il materiale timbrico si ispira al canto vocale, come appare evidente fin dalle battute iniziali, all’interno di una struttura generale che privilegia la fusione tra le due fonti sonore piuttosto che un gioco di contrasto. Il lavoro di sintesi spazia tra momenti di imitazione della vocalità umana a fasi, soprattutto nelle ultime battute, in cui l’elemento sintetico appare più evidente. Sparsi lungo l’intero corso del brano brevi suoni digitali rompono di tanto in tanto le sonorità distese di tipo vocale.
La combinazione di suoni sintetici e strumentali non è certo una novità nell’ambito della musica elettronica, digitale e non. Così come, sul piano timbrico, le sonorità di questo specifico lavoro non aggiungono granché di nuovo. Ben diverso, invece, è il secondo lavoro presente nella raccolta prodotta dalla Wergo: Silicon Valley Breakdown (1982) di David A. Jaffe.
Il punto di partenza di questo lavoro è la tradizione folkloristica americana del blue-grass. Questo genere musicale viene assunto come modello di riferimento a diversi livelli di composizione: innanzitutto ne viene desunto l’organico strumentale, ovviamente trasposto su un piano digitale. Questo genere di musica, nato intorno agli anni Quaranta, presenta dei caratteri ben precisi proprio rispetto all’organico, costituito solitamente da quattro a sette musicisti che possono essere cantanti o strumentisti. In quest’ultimo caso si prediligeva l’uso di strumenti a corda quali chitarra, banjo o mandolino. Questo è il primo elemento caratterizzante del lavoro di David Jaffe: i suoni prodotti sinteticamente ricalcano quelli di svariati strumenti a corda che all’interno della composizione di Jaffe sono riuniti a volte in un unico organico oppure frammentati in gruppi più piccoli. La tradizione del blue-grass, poi, viene rivisitata attraverso la mediazione di un brano specifico, il tradizionale Shenandoah Valley Breakdown (opportunamente modificato con l’aggettivo Silicon vista la natura digitale dello strumento adoperato). Questo risulta costantemente citato all’interno del brano oppure adoperato come nucleo melodico generativo di successive variazioni. L’ultimo aspetto per cui il blue-grass si configura come modello di riferimento è quello ritmico. Il genere tradizionale si presenta denotato da una certa velocità del ritmo che David Jaffe spinge fino all’esasperazione. Questo, in verità, è forse uno degli aspetti più interessanti della composizione. L’uso del computer stimola l’autore a tentare delle velocità di esecuzione oltre i limiti delle possibilità umane, riuscendo allo stesso tempo ad ottenere delle soluzioni timbriche molto interessanti, come tra il minuto 6:45 e 7:25 o tra 17:19 e 17:31. L’estrema velocità di esecuzione del materiale sonoro, inoltre, restituisce un carattere frenetico all’opera che appare a sua volta un’esasperazione di quella vitalità caratteristica della musica blue-grass tradizionale.
L’intero materiale sonoro di Silicon Valley Breakdown, che ha una durata di quasi venti minuti, è stato sintetizzato attraverso il Samson Box. La realizzazione dei suoni si basa sugli studi condotti da Kevin Karplus e Alex Strong sulla sintesi digitale di strumenti a corda (Digital Synthesis of Plucked-String and Drum Timbres, pubblicato nel 1983 sul Computer Music Journal). In seguito, lo stesso David Jaffe, insieme a Julius Smith, ha realizzato delle varianti all’algoritmo sviluppato da Karplus e Strong, adottando il complesso di queste tecniche per sintetizzare i suoni di Silicon Valley Breakdown (Extensions of the Karplus-Strong Plucked-String Algorithm, Computer Music Journal, Vol. 7 [2], 1983, pp. 56 – 69).
La versione presentata in questo CD, realizzata con il sintetizzatore Samson Box, è stata riadatta per due canali rispetto ai quattro adottati in quella originale. Un aspetto tutt’altro che marginale dal momento che la spazializzazione del suono, già in questa riduzione stereo, è adoperata come elemento caratterizzante piuttosto che elemento di contorno o d’effetto. Silicon Valley Breakdown è stato premiato nel 1982 alla Biennale di Venezia e nel 1983 all’International Newcomp Contest.
La raccolta della Wergo si chiude con tre brani scritti da William Schottstaedt. Laureatosi in composizione all’Università di Stanford, Schottstaedt si è impegnato anche nello sviluppo di nuovi software, tra i quali ricordiamo Pla e Common Music. I lavori presentati in questo cd sono stati scritti tra il 1984 e il 1986: Dinosaur Music (1984), Water Music I (1985), Water Music II (1986). Tutti e tre si caratterizzano per alcune specifiche tecniche: sono stati realizzati con in sintetizzatore Samson Box, ideati per una spazializzazione su quattro canali (anche in questo caso la versione su cd è stata riadatta ad un sistema stereo) e si basano sull’uso di una sola tecnica di sintesi, la Modulazione di Frequenza, attraverso cui Schottstaedt realizza delle sonorità simili a quelle di un violino che sovrapponendosi rimanda perfino a quelle di un organo a canne. L’algoritmo di sintesi fu realizzato nel 1976 in collaborazione con John Chowning.
Il primo brano in ordine di tempo ma ultimo nella raccolta è Dinosaur Music. Questo lavoro si caratterizza, rispetto ai successivi, innanzitutto per delle soluzioni timbriche più variegate che aprono anche a momenti di tipo percussivo. Il brano si apre con una sorta di leitmotiv costituito da una rapida e randomica sequenza di suoni legati ad una coda conclusiva. Sul piano timbrico la sequenza di suoni svela la loro natura digitale mentre la coda inizialmente viene elaborata come una sovrapposizione sonora consonante poi, nelle successive riproposizioni, è sostituita con un tappeto di rumore bianco. Un altro elemento interessante è la ripetuta alternanza di zone energetiche contrastanti con cadute d’intensità che raggiungono spesso toni drammatici.
Quest’ultimo aspetto caratterizza anche i due lavori successivi in ordine cronologico, Water Music I e Water Music II. Questi presentano tra di loro delle caratteristiche molto simili, con sonorità distese ed ampie. Water Music II sembra essere più vicino alle caratteristiche di Dinosaur Music anche se complessivamente si ha l’impressione che i tre lavori di Schottstaedt non siano del tutto slegati tra di loro ma piuttosto una sorta di evoluzione che porta a compimento o estremizza alcuni caratteri musicali nel passaggio da un brano all’altro. Alla luce di questa lettura Dinosaur Music, a mio giudizio, è il brano più interessante.
Tracce:
1: Chris Chafe – In a Word
2: David A. Jaffe – Silicon Valley Breakdown
3: William Schottstaedt – Water Music I
4: William Schottstaedt – Water Music II
5: William Schottstaedt – Dinosaur Music
Commenti
2 risposte a “AA. VV. – Dinosaur Music”
niente di nuovo…stockhausen e ligeti e xenakis all’epoca fecero composizioni altrettanto interessanti……..musica veramente primitiva-dinosaurica, oggi con i software gratuiti e non e la potenza del computer attuale, si possono costruire strutture complesse e nuove, relativamente……oltre ad ottenere una qualità di registrazione audio superiore….
Guarda, io non me la sento di mettere a confronto i lavori elettronici di Stockhausen e non so nemmeno se possa avere qualche senso. Comunque sia, nel suo essere primitivo, il brano di David A. Jaffe, sul piano della resa timbrica è veramente molto interessante ed esteticamente di pregio. Il resto dell’album,a mio avviso, è solo una rassegna primordiale che non ha grande valore. Mi dispiace soltanto che Jaffe mi abbia richiesto la rimozione del video su YT, ma ti consiglio di ascoltarlo se non lo hai ancora fatto, perchè merita. Non credo sia una questione di potenzialità dei software o dei mezzi in genere, del resto i primi tre nomi che citi hanno lavorato con strumenti veramente “antichi”.
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